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Obesità e sostanze obesogene

Sostanze chimiche e obesità
Alcune sostanze chimiche molto diffuse nella nostra vita quotidiana possono indurre sovrappeso e obesità e, per tale motivo, sono state definite “obesogene”. Uno dei più recenti articoli scientifici al riguardo, pubblicato dalla rivista Biomolecules, ipotizza che il rapido e significativo aumento della prevalenza dell’obesità in tutto il mondo negli ultimi quarant’anni non sia attribuibile esclusivamente a fattori di rischio genetici o dello stile di vita, come diete ricche di calorie dal punto di vista nutrizionale, stile di vita sedentario o invecchiamento. Nuove prove hanno dimostrato che l’alterazione del sistema endocrino associato all’esposizione umana a sostanze chimiche artificiali potrebbe anche contribuire all’epidemia di obesità. La cosa è ancora più preoccupante e grave se pensiamo che tali alterazioni endocrine non colpirebbero soltanto il soggetto che entra in contatto con le sostanze ritenute obesogene ma possono addirittura trasmettersi ai propri figli.

Tra le principali sostanze imputate come “obesogene” sembra esservi il bisfenolo: di cosa si tratta?
La prof Simona Bertoli, professore ordinario di scienze dietetiche a Milano, spiega che si tratta di un contaminante ambientale che interagisce con i recettori dell’estradiolo, il più importante tra gli estrogeni umani che interviene nelle funzioni sessuali e influenza la funzionalità di vari organi e tessuti. L’esposizione al bisfenolo in concentrazioni inadeguate e durante una finestra temporale impropria può influenzare lo sviluppo e la funzione di più sistemi di organi, compreso il controllo dell’equilibrio energetico e dell’omeostasi del glucosio. Il bisfenolo è entrato nella nostra “dieta” a partire dagli anni Cinquanta, quando i chimici scoprirono che le sue molecole potevano essere polimerizzate per produrre plastica policarbonata, che divenne presto un composto di base nella produzione della resina che riveste le lattine per alimenti e bevande e utilizzata nei contenitori degli alimenti.

Cosa si può fare e cosa si sta facendo per ovviare al problema di queste sostanze chimiche dannose per la nostra salute?
Ci si può chiedere quali scelte alimentari prediligere per minimizzare l’esposizione al BPA.  I cibi inscatolati e le bevande in lattina e bottiglia di plastica sono quelli maggiormente a rischio di contaminazione.  Il trasferimento del BPA a cibi e bevande è maggiore per gli alimenti grassi, acidi, conservati più a lungo ed esposti a temperature più elevate durante la conservazione. L’Istituto Superiore di Sanità pubblica un decalogo per limitare l’esposizione a queste sostanze, con benefici per la propria salute e quella dell’ambiente:

Decalogo ISS https://www.iss.it/-/dieci-pratici-consigli-per-ridurre-l-esposizione-a-plastificanti-per-bambini-e-adulti

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